I personaggi (pag. 2)
Particolare significanza assume IL VENDITORE DI RICOTTA E DI FORMAGGI (il «ricottaro») raffigurato in atto di rimestare il latte cagliato. Al di lą della rappresentazione di un mese del calendario, esso č anche attinente al tempo di fine e di inizio del nuovo anno, che, come avviene nel processo di caseificazione, ha bisogno di fermentare, di crescere e di aumentare progressivamente di volume. Per tale motivo, la figurina di questo personaggio appariva stampata in xilografia sugli antichi lunari, sui tradizionali «Barbanera», ossia su quelle pubblicazioni popolari destinate ai mercati e alle fiere natalizie. Il «ricottaro», dunque, era l'emblema del tempo che ritorna mediante la fermentazione, attivata dal gesto rotatorio del braccio (altra simbologia dell'inizio dell'anno, immaginato come una ruota che riprende a girare). In ogni modo, la rappresentazione dei mesi come venditori, che č comune sia alla tradizione carnevalesca sia a quella presepiale, ha un doppio significato: da un lato esprime il tempo trascorso (i mesi che sono passati), dall'altro, l'augurio che il nuovo ciclo annuale sia ricco di prodotti alimentari. Altre figure del presepe risultano retaggio di processioni medievali, documentate in Spagna, in Provenza, a Genova e a Napoli: tutte localitą dove tuttora č ben radicata la tradizione natalizia. Anticamente, dunque, si allestivano dei carri sui quali prendevano posto divinitą pagane degradate. Il corteo partiva nella tarda serata del 24 dicembre e giungeva a mezzanotte presso una chiesa stabilita, dove gli dči spodestati rendevano omaggio al Bambino Gesś. Ad Aix-en-Provence, nel museo locale, č conservata una dettagliata descrizione della manifestazione, soppressa alla fine del 1700. A Napoli la processione si svolgeva, in epoca angioina, presso la basilica di Santa Chiara: se ne ha notizia da un documento del 1429, anno in cui le autoritą religiose e politiche decisero di sopprimerla. Guidava il corteo un carro con botti sul quale troneggiava un uomo con un fiasco di vino in mano, raffigurante Dioniso o Bacco. Parimenti, nel presepe napoletano ricorre la figura di CICCIBACCO, seduto trionfalmente sulle botti di un carro. Procedendo per confronti e riscontri, la scena della vecchia che dą il becchime a una gallina č rappresentativa di Demetra, mentre la gallina č emblema della figlia Kore. Le donne, o le vecchie che filano, che tessono e che lavorano la lana, alludono alle Parche. Il cacciatore rimanda ad Apollo con l'arco. La scena di due vecchi (uomo e donna) seduti presso un braciere, rinvia alla coppia Saturno-Rea. La figura del pecoraio che guida un gregge in cammino, simboleggia il dio Ermes o Mercurio come conduttore di anime (nella stessa tradizione campana le pecore sono raffigurazione emblematica dei defunti). La nobile donna, bianca o negra, seduta in portantina, al seguito dei Re Magi, č rappresentazione di Diana o anche di Erodiade (il personaggio, nel presepe settecentesco, era detto «La Georgiana»).
Il carro del Cicci-Bacco era preceduto e seguito da un corteo di uomini vestiti con pelli caprine, i quali con zampogne, tamburi e pifferi scandivano gli orgiastici ritmi dionisiaci. Allo stesso modo, la figura della donna che seguiva i Magi era accompagnata da una BANDA MUSICALE DI SUONATORI NEGRI che chiudevano il corteo secondo uno schema che ancora oggi viene riprodotto dai figurari napoletani. Da tutto ciņ si evince che nella tradizione presepiale si sono cristallizzate sacre rappresentazioni, manifestazioni processionali soppresse, che, a vari livelli, sopravvivono nella coscienza come semplici retaggi folclorici, svuotati di riferimento storico. Taluni personaggi vanno considerati in coppia, esprimendo una dualitą singolare. Ci riferiamo al pescatore e al cacciatore; al pastore Armenzio e al figlioletto Benino; ai due zampognari di cui il vecchio suona la zampogna e il giovane la ciaramella, i quali, tutti, alludono all'antico anno agro-lunare. In particolare, il vecchio Armenzio e il giovinetto Benino sono emblemi dell'anno morente e dell'anno nuovo. Fino a pochi anni or sono era anche ricorrente la scena di DUE GIOCATORI DI CARTE, detti «'e duie cumpare, zi' Vicienzo e zi' Pascale». La loro precisa denominazione era attinente al Carnevale, chiamato in Campania «Vincenzo», e alla Morte, il cui nome era «Zi' Pascale» (difatti, al cimitero delle Fontanelle, si mostrava un cranio indicato, per l'appunto, come « a capa e zi' Pascale», al quale si attribuivano poteri vaticinanti, al punto che gli si chiedevano pronostici per il gioco del Lotto). C'č da aggiungere che I DUE COMPARI soprannominati comunemente «i San Giovanni» si riferiscono ai due solstizi: 24 dicembre e 24 giugno.
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